Mai come stavolta le fazioni sono schierate: da una parte, chi ritiene che la vittoria di Filippo Conca ai campionati italiani rappresenti una sorta di punto di partenza per un modo “nuovo” di intendere il ciclismo. Dall’altra però c’è chi sostiene che questo sia realmente il punto di non ritorno nel quale è piombato il pedale tricolore, una sorta di “abisso” dal quale non sarà più possibile riprendersi. Insomma, è solita storia del bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto che sia, di sicuro i campionati nazionali organizzati in Friuli Venezia Giulia hanno trovato il modo per far parlare (e tanto) di sé.

Conca s’è preso la rivincita, ma ha fatto scattare l’allarme I big ridotti a comparse e le differenze di regolamento L’Italia fa storia a sé: altrove vincono solo i grossi calibri Una discesa senza fine. E al Tour andrà anche peggio…

Conca s’è preso la rivincita, ma ha fatto scattare l’allarme

Debita è la premessa: Filippo Conca è un degno vincitore della maglia tricolore, sebbene sia di fatto un corridore non più professionista (lo è stato fino a qualche mese fa, correndo con la Lotto e poi con la Q36.5), poiché da inizio stagione fa parte dello Swatt Club, una vero e proprio “progetto” nato sul web che racchiude tanti ciclisti amatoriali e che dal 2024 ha deciso di costruire anche un organico per le gare in linea tra i professionisti (quest’anno conta 8 corridori, ma in generale al “labobratorio” hanno aderito oltre 900 atleti, per lo più dediti alle gran fondo).

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Conca è l’elemento di spicco del team: per lui Swatt Club è stato soprattutto un’opportunità di rilancio e l’aver avuto l’opportunità di laurearsi campione italiano gli consentirà con ogni probabilità di trovare a breve un nuovo impiego in qualche team Continental, magari attratta dalla prospettiva di presentarsi in gruppo con una maglia che un significato ce l’ha, e pure una grossa tradizione alle spalle. Ma quanto successo in Friuli rischia di “terremotare” il ciclismo italiano.

I big ridotti a comparse e le differenze di regolamento

Le critiche nelle ore successive alla corsa sono state furenti. Nessuna, questo va detto, rivolta contro Conca: lui ha fatto la sua corsa e ha meritato di vincerla. Ma ha approfittato di una situazione a dir poco paradossale: vedere un club nato da un blog battere gente che tra pochi giorni andrà a competere al Tour de France con i migliori al mondo fa capire che qualcosa non è andato secondo le aspettative.

C’è chi ha paragonato la vittoria di Conca a quella di una squadra di Serie D o Eccellenza contro una di Serie A o Champions League, tanto per dare l’idea della differenza di mezzi e possibilità.

C’è chi ha sottolineato però anche un altro aspetto: lo Swatt Club non deve sottostare ai rigidi protocolli imposti alle formazioni World Tour e Continental per ciò che riguarda passaporti biologici e altri controlli antidoping a sorpresa. In pratica, corre dovendo seguire un regolamento diverso dalle squadre professionistiche, con tutti i dubbi del caso che una situazione del genere può alimentare. La FCI e Cordiano Dagnoni si ritrovano una “bomba” in casa: come spiegare una simile disparità e garantire che sia tutto regolare?

L’Italia fa storia a sé: altrove vincono solo i grossi calibri

Lo Swatt Club, con quella maglia bianca e pulita, senza sponsor e “senza storia”, ha messo in riga gente del calibro di Milan (che pure giocava in casa e ci teneva a far sua la maglia tricolore) e Ganna, che ha concluso a oltre 6’ senza forzare troppo su un percorso che pure sembrava calzargli a pennello. Ma tutti gli altri big (Velasco, Covi, Ulissi, Baroncini e via dicendo) le hanno prese da questi ciclisti amatoriali che hanno portato 4 dei 5 partenti nelle prime 22 posizioni.

All’estero, nessun campionato nazionale s’è chiuso con un simile scenario: Tim Wellens (che sarà nella UAE di Pogacar al Tour) ha vinto in Belgio, Dorian Godon della Decathlon (in volata su Gregoire e Vaquelin) in Francia, Andrea Leklessund (Uno-X Mobility) in Norvegia, Danny Van Poppel (Red Bull Bora Hansgrohe) in Olanda, Soren Fragh Andersen allo sprinto sul compagno di squadra Mads Pedersen della Lidl Trek in Danimarca e il fresco vincitore del Giro Next Gen Jakob Omrzel (Bahrain Victorious) in Slovenia. Quasi tutti questi vincitori saranno al via al Tour, mentre in Italia la maglia tricolore rischiamo di non vederla per settimane, o forse mesi.

Una discesa senza fine. E al Tour andrà anche peggio…

È questo il dato che stride: il livello del ciclismo italiano è in costante discesa, e il fatto che al Tour ci saranno meno di 10 corridori al via (a inizio millennio erano una sessantina) la dice lunga su quelle che sono le prospettive che lo attendono.

Tour nel quale manca una vittoria di tappa italiana da ben 106 frazioni, da quando cioè Vincenzo Nibali vinse a Val Thorens la 20esima tappa dell’edizione del 2019. Senza squadre World Tour e con grosse difficoltà anche tra gli Under 23 e i dilettanti, quanto successo in Friuli rischia di diventare la regola, anziché l’eccezione.