Jannik Sinner salta la Coppa Davis. L’annuncio arriva da Filippo Volandri:

Ha bisogno di riposare e recuperare.

La botta è arrivata, inutile girarci intorno, la reazione ancora no: Jannik Sinner esce demolito dall’US Open. Colpi e lividi: non deformano il corpo, semmai debilitano la testa. L’eliminazione agli ottavi di finale contro Zverev lo ha devastato. Le lacrime – vere – a fine partita erano un post it. C’era – tutta lì – la spiega.

Credeva che, stavolta, fosse quella buona per traslare sul campo la svolta che – a livello professionale – è convinto d’aver già intrapreso. Per dirla tutta, l’obiettivo minimo era giocarsi il quarto contro Carlos Alcaraz: solo lì avrebbe contemplato la sconfitta.

Il forfait in Coppa DavisVolandri con Sonego e ArnaldiUS Open 22, US Open 23: non è cambiato niente?Fa male perché è girata malePerdere contro Zverev non è un disonoreSono tornato: e per il tennis è una bella notiziaO si vince o si imparaLa tenuta fisica di Sinner

Il forfait in Coppa Davis

Che invece è arrivata prima, contro il tedesco di nuovo performante e con un servizio che può indirizzare il corso dei match. Rischiano di contare poco (ma non è assolutamente così) le Finals di Torino e di incidere ancora meno la Coppa Davis: questa, le Atp Finals, sono quasi messe in tasca e la manciata di punti che ancora gli manca è roba da poco. Primo dei non qualificati, per ora.

Quella, la coppa Davis, era un appuntamento certo: Jannik s’era già pronunciato. Si alla convocazione azzurra per il raduno di Bologna di domenica 10 settembre: a ruota, Canada, Cile e Svezia tra mercoledì 13, venerdì 15 e domenica 17.

Volandri con Sonego e Arnaldi

Invece, è arrivato il passo indietro: Sinner ha dato forfait e non risponde alla chiamata di Filippo Volandri che – già costretto a rinunciare a Matteo Berrettini per infortunio – si ritrova con l’inedita coppia composta da Lorenzo Sonego e Matteo Arnaldi. Che se la godranno senz’altro.

Sinner stacca la spina. Non basta uno strepitoso 2023 – il primo Master 1000, la semifinale a Wimbledon, il numero 6 del ranking – a fargli tornare la voglia in fretta e furia.

US Open 22, US Open 23: non è cambiato niente?

Guarda avanti, Jannik. Non ti voltare. Fa male al quinto set, fanno male le sconfitte, fa male anche mettersi sulla bilancia e vedere che – nonostante gli sforzi – il peso resta sempre uguale. US Open 2022, US Open 2023: sulla carta non è cambiato niente.

Fuori agli ottavi un anno fa, fuori agli ottavi adesso: sembra che un anno intero di lavoro – le mani, i metodi, la testa sapiente di Vagnozzi e Cahill – siamo serviti a solo a girarci intorno e ritrovarsi al punto di partenza.

Fa male perché è girata male

Fa male perché è girata male: l’altoatesino non aveva parole, nel corso della conferenza stampa post Sascha Zverev. Piccole cose hanno fatto la differenza. Poi s’è consolato da solo: aveva bisogno di un appiglio e se l’è dato:

Quest’anno ho fatto tanti risultati buoni, il livello ce l’ho.

Ce l’hai, Sinner, eccome: la strada è giusta ma manca lo Slam e, in un coacervo di prodigi che escono fuori dalla Next Gen – al di là di Alcaraz, voglio dire – che possa far male di brutto, ci sta.

Perché Ben Shelton, un ragazzino americano più giovane di Jannik ma evidentemente meno pronto dell’altoatesino – è in semifinale.

Il senso di dolore è la frustrazione: sapere di valere almeno qualche turno in più di un maledetto ottavo e restarci ingolfato come quando lo pneumatico gira a vuoto in mezzo a un pantano. Jannik in crisi, lo raccontano così: fiacco, giù di corde, testa vuota (non sgombra, che quello sarebbe solo un bene).

Perdere contro Zverev non è un disonore

Lascia perdere le sliding doors, guarda avanti. Semmai, lasciati portare. Dice Jung: la corrente è un flusso destinato a procedere, non retrocede mai. Troppo cerebrale: a volte il gioco di Sinner sembra ragionato al dettaglio microscopico.

Speculare all’approccio: la sensazione è quella che debba prevenire il problema, pensare a tutti i costi e farlo sempre più velocemente dell’altro. La sensazione è che bruci più calorie a dar corpo al flusso di idee che a muoversi a destra o a sinistra del campo e prendere a racchettate la pallina. Perdere non è un disonore, farlo contro Zverev tornato bello, instancabile ed efficace come in principio è, semmai, solo l’ennesimo insegnamento.

Sono tornato: e per il tennis è una bella notizia

Zverev, ovvero un ex numero 2 del ranking con due decine di titoli in bacheca. Per dire a Sinner che averci perso contro non è proprio un disonore. Altri direbbero che aver tenuto testa cinque set a Zverev ed essersela giocata fino alla fine sono, semmai, virtù.

Sono tornato

ha detto il tedesco a fine match. E per il tennis anche questa è una gran bella notizia perché aver rotto i legamenti della caviglia in una fase formativa e professionale cruciale, non è solo un fastidio. È un supplizio. E se non puoi tornare indietro – perché cosa fatta capo ha – allora anche quel supplizio non può che rientrare nelle fasi necessarie di un percorso volto a diventare più forte.

O si vince o si impara

Lo ha ricordato Paolo Rossi su Repubblica, lo disse Sinner a Lorenzo Musetti prima di un match di Coppa Davis ma in realtà quelle stesse parole – prese in prestito da Nelson MandelaJannik le aveva già dette a se stesso.

Miami, aprile 2021: in finale contro Hubert Hurkacz non era solo l’epilogo di un torneo che stava dando lustro ai bimbi della Nuova Generazione ma anche un “tu per tu” tra due che, anche in seguito, avrebbero conservato un rapporto di amicizia fortissima.

Sinner, quella partita, la perse anche per responsabilità sua e a caldo gli riuscì di pronunciare una frase che era già manifesto di un modo di intendere il tennis. E il tennis, in una certa maniera, non lo puoi intendere se non arrivi ad approcciarti anche alla vita nello stesso modo.

A 19 anni o si vince o si impara.

Ecco, tutto vero: ma è così anche a 22 e sarà così pure a 30. L’approccio non cambia. Lo sanno in tanti ma a non dimenticarlo mai sono solo i grandi.

La tenuta fisica di Sinner

Il fisico, l’altro punto interrogativo. Se lo cominciano a chiedere in tanti, addetti e analisti: Sinner è davvero pronto sul piano strutturale e muscolare per reggere uno Slam? Fanno riflettere, in tal senso, i match di lunga o lunghissima durata che gli capita di giocare: sul quinto non tiene ancora botta.

Contro Karen Khachanov, US Open. Djokovic e Alcaraz, rispettivamente, a Wimbledon e agli US Open; Tsitsipas agli Australian Open; di nuovo US Open, stavolta Zverev. Percorso netto, in senso negativo.

Per Paolo Bertolucci – lo ha spiegato bene sulla Gazzetta dello Sport invitando Jannik a proseguire il percorso avviato – a Sinner servono ancora due anni di lavoro fisico per raggiungere la maturazione da Slam: lavoro e pesi, muscoli e peso. E riposo: a volte ne serve anche di più. Per scrollarsi di dosso il negativo, fare reset e ricominciare. Guarda avanti, Jannik. Non ti voltare.