Parla “solo” cinque lingue – armeno, russo, francese, inglese, italiano – giusto perché il tedesco l’ha un po’ dimenticato. Ha due lauree – in Sports management e l’altra in Economia – frequenta poco i social, non dice parolacce e si concentra solo suo lavoro. Direste mai che abbiamo tracciato l’identikit di un calciatore? Eppure è il ritratto di Henrikh Mkhitaryan. Il 35enne centrocampista armeno è un pezzo insostituibile nell’Inter di Inzaghi e si confessa al Corriere della Sera.

La seconda vita in nerazzurro dopo la Roma No a cellulare e tatuaggi

La seconda vita in nerazzurro dopo la Roma

Quando era alla Roma era considerato un buon giocatore e poco più: il boom Mkhitaryan l’ha avuto all’Inter, dove è arrivato nel 2022 a parametro zero, e dove oggi è intoccabile nella mediana assieme a Calhanoglu e Barella. Il viaggio nei segreti dell’armeno parte dall’alimentazione. Il giocatore non dice tutto quello che ha definitivamente bannato ma rivela: “Provo a dormire e a mangiare meglio possibile: evito glutine, zuccheri e lattosio, su consiglio del nostro nutrizionista Pincella. E poi c’è l’aspetto principale: allenarsi bene. In che lingua impreco? mNon dico parolacce. Non mi piace”.

No a cellulare e tatuaggi

Antidivo da sempre, difficile vederlo sui social (“Uso il telefono il meno possibile. Ho due bambini piccoli e non voglio che mi vedano passare il tempo con lo smartphone in mano”), impossibile vederlo da un tatuatore. Il look? Avete presente Zidane con i capelli a chiazze? Beh, ci siamo quasi: “Non mi interessa farmi i capelli strani: guardi qui, ho due buchi sulla testa ma non mi interessa. È la natura”. Non è un attacco a due suoi compagni che si sono rifatti la chioma: «No, per niente! Ognuno fa quello che vuole».

Mkhitaryan ama anche giocare a scacchi, un hobby che lo aiuta: «A pensare, a leggere il gioco, la situazione, il pensiero del tuo compagno. Gli scacchi mi aiutano tanto». Cantare non gli piace molto, ma l’ha fatto assieme ad Al Bano, esibendosi in “Volare” nel giorno del suo matrimonio a Venezia (“anche “Felicità” ma quel video non l’ho pubblicato”).

Nell’intervista c’è spazio anche per gli obiettivi, ricordando la finale di Champions persa a Istanbul: “Tutti pensavano che il City ci facesse quattro gol invece abbiamo giocato benissimo e meritavamo di pareggiare e poi anche vincere – spiega al Corriere della Sera – Tornarci sarebbe un sogno, anche se la strada è più lunga di due anni fa. Però ci crediamo: siamo fiduciosi di poterci arrivare di nuovo”.