Oggi la lotta intrapresa da Alex Schwazer contro i poteri forti della Wada, per il riconoscimento a un reintegro che ritiene egli stesso legittimo, lecito oltre che aderente alla verità coincide con l’ambizione di gareggiare alle prossime Olimpiadi di Parigi.  Non si è spento del tutto, nonostante il muro, questo sogno. Questo desiderio di giustizia, come ha spiegato, più che di riscatto.

Il presente di allenatore, di personaggio televisivo che ha già preso parte a Pechino Express e che lo vede tra le mura della casa di Cinecittà, nella nuova edizione del Grande Fratello non compensano. Il caso Schwazer non è chiuso.

Alex Schwazer, la sua veritàL’ambizione di essere a Parigi 2024L’oro olimpico di Pechino 2008 nella 50 kmPrima positività al doping: il sogno infrantoLa seconda positività alla vigilia di Rio 2016Le nuove analisi e la tesi della manipolazionePugno duro della WADA: addio TokyoIl presente da allenatore e al Grande Fratello

Alex Schwazer, la sua verità

Aveva tentato, fino all’ultimo istante, di poter accedere a una possibilità di riscatto dopo la squalifica subita, accedendo alle Olimpiadi in calendario a Tokyo. Le cose sono andate diversamente, ma Alex Schwazer, è un uomo diverso rispetto a quel ragazzo in lacrime che ha ammesso gli errori compiuti.

Ha sbagliato, lo ha capito, lo ha riconosciuto ma non intende vanificare e sprecare il talento che ha e che ha preservato, allenato e coltivato. Lo rivediamo oggi, dopo un dramma umano e sportivo che costituisce un precedente incancellabile, con quell’oro a Pechino nella 50 km ancora impresso nella memoria collettiva sotto un cielo plumbeo e in una città allora più di oggi quasi ignota.

L’ambizione di essere a Parigi 2024

“Sono sempre speranzoso di poter tornare alle gare e anche questa volta è così – ha dichiarato a Verissimo, ospite di Silvia Toffanin – Se sono pronto lo vedremo, però entro al “Grande Fratello” con l’obiettivo di raccontare la mia storia e anche per potermi allenare dentro la Casa, in modo che tutti possano vedere cosa vuol dire”.

“A livello psicologico è impegnativo allenarsi su un tapis roulant e non all’aperto, però lo vedo come un ulteriore stimolo”.

L’obiettivo ribadito, per questo marciatore e atleta, rimane quello di poter gareggiare e di poter ribadire la propria qualità, da sportivo. “La squalifica finisce il 7 luglio 2024, ma io mi auguro che venga ridotta perché le gare preolimpiche sono tutte prima”.

Quindi Schwazer è tornato sulle note vicende che lo hanno investito dopo la pubblica ammissione di responsabilità:

“Bisognava lottare innanzitutto per dimostrare l’innocenza, perché sono lontano dalle gare da quasi otto anni, ma in mezzo c’è stato un procedimento importante a Bolzano in tribunale, un ambiente non mio”.

Come ha già affermato prima dell’ingresso nella Casa del GF e in ogni circostanza pubblica offerta si sente vittima di un’ingiustizia:

“Nel 2016 ho dovuto superare tanti ostacoli per tornare alle gare, doveva essere l’inizio di anni felici e invece è stato anche peggio del 2012. In quel caso dovevo scontare una squalifica avendo delle colpe, mentre in questo caso era diverso”. “Il momento più brutto è stato quando a Rio de Janeiro sono tornato in aeroporto per tornare a casa anziché gareggiare l’indomani”.

Dopo aver parlato della depressione, superata anche grazie al supporto di uno specialista, il marciatore ha spiegato il ruolo di sua moglie e della famiglia nel suo percorso: “Abbiamo realizzato tutto quello che abbiamo fatto in tempi difficili”.

L’oro olimpico di Pechino 2008 nella 50 km

Schwazer aveva assaporato una gloria insperata, quando esausto ma nettamente più avanti rispetto ai più quotati avversari aveva varcato per primo il traguardo, a Pechino, in una giornata meravigliosa e irripetibile per le condizioni nel lontano 2008, quando era poco più di un ragazzino.

Avrebbe dovuto replicare a Londra, ma un controllo anti doping lasciò emergere la sua positività a sostanze proibite e svelò quanto dolore e quanta dipendenza vi potesse essere, pur avendo capito le proprie potenzialità, in un marciatore della sua qualità, delle sue caratteristiche come ha sempre insistito a ribadire il prof. Sandro Donati, figura cardine in questa vicenda e nell’ambito dello sport e nella lotta al doping.

Alex Schwazer durante la conferenza stampa di Bolzano nel 2016

Prima positività al doping: il sogno infranto

Ammise l’errore, Alex. Fu una conferenza stampa atroce, quasi surreale per il contesto e per le condizioni che vennero descritte da Schwazer. Ascoltata, anche a distanza di anni, è crudele e ingenua quasi incredibile per come è stato descritto quanto accaduto.

Quelle dichiarazioni testimoniarono quanto potesse essere profonda la scivolata, che coinvolse com’è noto dalle cronache e dagli atti che seguirono, anche la sua fidanzata di allora, la campionessa di pattinaggio Carolina Kostner.

Una cesura tra l’atleta personaggio pubblico, ammirato ed esaltato dall’impresa sportivo, e l’immagine di un ragazzo vinto, sfatto.

Ma quella conferenza stampa – per quanto cruda – non è paragonabile a quanto accadde dopo, quando grazie alla fiducia e al piano di allenamenti e recupero studiato  – con e per lui – dal prof. Donati, Schwazer tornò ad essere l’uomo inafferrabile che avevamo ammirato a Pechino e l’obiettivo di un ritorno alle Olimpiadi di Rio divenne più che una aspirazione.

Un sogno, perché è alla vigilia dei Giochi di Rio che Alex risulta nuovamente positivo ai controlli anti doping. Troppo per metterlo a tacere.

La seconda positività alla vigilia di Rio 2016

Il 21 giugno 2016 viene diffusa la notizia della positività di un campione di urine prelevato il 1º gennaio 2016, risultato negativo ad una prima analisi standard. Valutazioni sul rapporto del testosterone portano a un successivo test più approfondito (test IRMS), che rivela la presenza nelle urine di metaboliti di testosterone, accertando quindi l’effettiva positività.

Lo staff di Schwazer si difese in maniera ferma, affermando che il testosterone era in quantità minime e non in grado di avere effetti dopanti. Nella conferenza stampa convocata lo stesso giorno, l’atleta ed il suo staff respingono le accuse di doping definendole “false e mostruose” ed annunciano una denuncia contro ignoti, perché risulterebbero delle incongruenze nel controllo antidoping. In questa fase iniziano i primi sospetti.

La vicenda si chiude con no ai Giochi di Rio

Si apre un nuovo capitolo, dato che l’8 luglio 2016 la IAAF sospese con effetto immediato in via cautelare il marciatore azzurro, dopo che anche le controanalisi danno esito positivo al doping. Il legale di Schwazer dopo questa decisione annunciò ricorso, denunciando una manipolazione esterna sul campione di urine prelevato il 1º gennaio.

L’8 agosto 2016, in sede olimpica a Rio de Janeiro, venne discusso il ricorso sotto l’arbitrato del TAS: due giorni dopo il ricorso il no e Schwazer viene squalificato per 8 anni. La squalifica cancella anche i suoi risultati del 2016, vale a dire la vittoria nella 50 km dei campionati del mondo di marcia a squadre di Roma ed il secondo posto ottenuto nella 20 km del meeting di marcia di La Coruña. Una batosta non da poco.

Le nuove analisi e la tesi della manipolazione

Nuove analisi portate avanti nel luglio 2018 nell’ambito dell’indagine penale per doping nel riguardi di Schwazer dal perito nominato dal GIP, il comandante del RIS dei Carabinieri di Parma Giampietro Lago, rivelarono un’alta concentrazione di DNA all’interno dei campioni di urina risultati positivi, il che secondo la difesa dell’atleta dimostrerebbe i presunti interventi di manipolazione.

La vicenda giudiziaria, di questa seconda battaglia, è risultata più complessa e lunga di quanto lo sia stata quella seguita alla sua prima positività, perché la volontà dell’ex atleta è di uscirne “pulito”. Un concetto che Alex ha ribadito in ogni intervista, nei documentari prodotti in seguito e che ha mantenuto e mantiene con estrema forza.

Il 3 dicembre 2020 la procura di Bolzano ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale, mentre il 18 febbraio 2021 il Gip del Tribunale di Bolzano dispone infine l’archiviazione del procedimento penale per “non aver commesso il fatto”, ritenendo “accertato con alto grado di credibilità razionale” che i campioni di urina “siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati”.

Schwazer con il prof. Sandro Donati in aeroporto, al rientro da Rio

Pugno duro della WADA: addio Tokyo

La WADA, in tempi più recenti con un comunicato stampa del il 22 aprile 2021, ha contestato le conclusioni riportate nelle carte processuali. Nello stesso mese, i legali di Schwazer presentano richiesta di sospensione della squalifica al tribunale federale svizzero, nel tentativo di permettere all’atleta di partecipare ai Giochi di Tokyo e realizzare il sogno di correre “pulito”.

Com’è noto, la richiesta viene respinta dal tribunale elvetico. E per lui si è aperto un nuovo capitolo della sua esistenza.

Il presente da allenatore e al Grande Fratello

Sposato e padre di due figli, Alex ha deciso di dedicarsi alla corsa in qualità di allenatore e di non disdegnare altre proposte. Un annuncio che, inevitabilmente, ha suscitato clamore e fastidio negli ambienti per via dell’impossibilità dei tesserati di poter essere allenati da soggetti squalificati per doping.

Il presente è una nuova opportunità, televisiva, per riportare in alto nell’agenda mediatica e politica il suo caso. E il sogno Parigi, che vorrebbe dire riaprire i conti con quel passato.