Nel giorno dell’incontro tra la pugile intersex Imane Khelif e l’ungherese Anna Luca Hamori – la vittoria dell’algerina la proietta nella semifinale olimpica e le garantisce una medaglia certa perchè nel pugilato non esiste la finalina per il bronzo – arriva l’annuncio di Angela Carini: non lascia la boxe, non potrebbe mai. Presto la rivedremo sul ring a combattere. Se da un lato il grande clamore suscitato dalla sfida tra l’algerina e l’azzurra inizia ad affievolirsi con una serie di dietrofront che ridimensionano le proteste dei giorni scorsi – il ministro Abodi ha parlato chiaro: “La pugile algerina è una donna. Non esiste traccia di alcun cambio di sesso” – dall’altro anche l’Ungheria ha cominciato a sostenere posizioni di perplessità rispetto all’incontro tra Khelif e Hamori. In tutto questo c’è da prendere pure nota delle volontà dell’Iba: un premio a Carini, come se avesse vinto un oro (a chi porta a casa l’oro riconosce un premio di 100mila dollari). Arriva a stretto giro la posizione della pugile e della Federboxe: no a qualsiasi premio.

Khelif-Hamori: vince l’algerina ai punti Il Cio a gamba tesa: basta speculare Carini s’è presa del tempo Disintossicarsi un attimo Mi vedrete presto su un ring 100mila dollari dall’Iba? Il no secco di Federboxe e Carini

Khelif-Hamori: vince l’algerina ai punti

L’ungherese classe 2001 ha detto di non avere paura: semmai scoprisse di aver affrontato un uomo, per lei sarebbe vittoria di ancora maggiore lustro. Il quarto di finale olimpico era attesissimo: Khelif si è imposta ai punti, ha blindato la medaglia (almeno il bronzo è già sicuro) e in lacrime ha detto:

Si tratta di una questione di dignità e onore per ogni donna.

Qualche verità acclarata dai fatti, in questo carnaio di commenti, possiamo anche provare a cercarla. Restare confinati nello sport puro, senza travalicare la politica e l’opinione, è comunque un incastro complicato.

Il Cio a gamba tesa: basta speculare

Perché il pre, il durante e il post match tra Carini e Khelif è diventato esclusivamente una questione da sbrigare fuori dal ring. C’entra anche la boxe in questo ballarò speculativo perché dai giochi di potere e di posizionamento non è esente nemmeno la più nobile delle arti.

La gamba tesa del Cio – un comunicato duro nei modi e nei contenuti – nel tentativo di falciare via l’extra campo, probabilmente non è bastato a indirizzare i punti di vista. Ma l’effetto calmierante l’ha avuto, eccome. I toni si sono abbassati.

Carini s’è presa del tempo

Qualche giorno di riflessioni a freddo è servito anche a Carini. Finita in un tritacarne più grande di lei – si è andati ben oltre le cose del quadrato – Angela s’è vissuta malissimo ogni momento. Precedente e successivo. D’istinto ha fatto tre cose, ciascuna a caldo: prima ha deciso di non proseguire l’incontro, poi non ha rivolto all’avversaria nemmeno un saluto, infine ha detto che avrebbe lasciato il pugilato.

Sono tre fatti – ciascuno indicativo di uno stato d’animo turbato, la tranquillità ai minimi termini – che danno l’idea di quale macello emotivo stesse vivendo l’italiana. 48 ore di respiro a pieni polmoni servono, se non a rimettere le cose in ordine, almeno a focalizzare.

Disintossicarsi un attimo

Angela non lascia la boxe, le serve un periodo di disintossicazione: ha iniziato a guardare il mondo intorno già la mattina successiva a quel maledetto match. Turista per Parigi con i familiari: il naso continua a farle male perché – per quanto Carini fosse determinata a viversi l’Olimpiade con spirito competitivo – i due pugni assestati dall’algerina si sono fatti sentire parecchio.

Un pugile lo capisce quando non ha senso andare avanti

dice Carini a Riccardo Crivelli in una intervista pubblicata dalla Gazzetta dello Sport.

Mi vedrete presto su un ring

Diverso anche il modo di rapportarsi alla sua avversaria. Spazzato via tutto il rancore, la rabbia sedimenta altrove:

Khelif né io abbiamo fatto nulla per alimentare tutto quello che è accaduto intorno all’incontro: non sono stata condizionata dalle polemiche. Ho perso, lo accetto.

E quell’addio alla boxe, frettoloso e repentino, annunciato a poche ore di distanza dall’incontro – in realtà – è solo un arrivederci.

Il pugilato è la mia vita: era solo un modo per manifestare la necessità di disintossicarmi un attimo dopo tre anni di sacrifici in funzione dei Giochi. Mi rivedrete presto e sarà su un ring.

100mila dollari dall’Iba?

C’è un’altra fresca novità che interessa Carini in maniera diretta: l’International Boxing Association – ente gestionale del pugilato dilettantistico presieduto da Umar Kremlev e non riconosciuto dal Cio – ha deciso di posizionarsi nettamente con l’italiana, riconoscendole un premio in denaro, come se avesse vinto l’oro. Fosse così parliamo di 100mila dollari: la stessa cifra che garantisce ai vincitori di una medaglia olimpica. Il dettaglio: 50mila per Carini, 25mila per lo staff e 25mila per la federazione di appartenenza. La motivazione? Eccola, la fornisce il presidente Kremlev:

Piangeva, non riuscivo a guardarla e non riesco a restare indifferente a una situazione del genere. Dovrebbero competere solo le atlete eleggibili: perché uccidono il pugilato femminile?

Come a dire: se qualcuno si è illuso che l’extra time sia finito, si sbaglia di grosso.

Il no secco di Federboxe e Carini

La eco mediatica scaturita dalla posizione dell’Iba, inevitabilmente, ha generato reazioni a catena. Le tre principali: il Cio, la Federboxe e la stessa Carini. Partiamo col Cio: la replica è affidata al portavoce Mark Adams: “L’Iba vuole premiare Angela Carini? Una decisione che la dice lunga sulla credibilità dei responsabili dell’Iba. Non vogliamo dargli alcuna attenzione”.

A ruota la Federboxe, che non aderisce all’Iba: no secco a una eventuale accettazione da parte della Federazione pugilistica italiana di “qualsivoglia premio in denaro”. Dalla Fpi arriva, infine, la conferma che nemmeno Carini accetterà un riconoscimento in denaro dall’Iba.