Il regno di
Anthony Joshua è finito, stavolta (forse) per davvero. Merito di
Daniel Dubois e dei sui colpi pesanti, tali da
mandare al tappeto quattro volte nel giro di sole cinque riprese l’ex re dei massimi, che sperava di riprendersi la corona IBF (persa nel 2021 contro
Usyk, che poi l’ha lasciata vacante) al cospetto del più giovane connazionale. Che pure a
Wembley ha dimostrato semplicemente di essere di un altro pianeta, almeno per questa versione ormai arrugginita e senza più mordente dell’
olimpionico di Londra 2012.
Il crollo di Joshua, la fine di un’epoca Liam Gallagher infiamma Wembley Dubois incontenibile: ora va per la riunificazione
Il crollo di Joshua, la fine di un’epoca
La serata era tra
le più attese della stagione pugilistica, anche perché chi l’avrebbe spuntata tra
Joshua e Dubois si sarebbe meritato una chiamata per andare
a sfidare il vincitore della sfida tra Usyk e Fury, in programma a
Riyadh il prossimo 21 dicembre.
Dubois, insomma, s’e guadagnato la
card per andare a giocare la riunificazione di tutte le cinture del massimi: per quanto visto a
Wembley, per la forza d’urto e la capacità di muoversi con disinvoltura e precisione sin dalle prime battute del match, oggettivamente
“Dinamyte” appare l’unico in grado di poter impensierire sia
Usyk che Fury. Anche perché
Joshua con questa sconfitta ha probabilmente imboccato il
sunset boulevard: impossibile pensare che il meglio debba ancora venire quando ormai le 35 primavere sono ad un passo e la concorrenza
(Dubois ha 8 anni di meno) avanza a passo incessante.
Liam Gallagher infiamma Wembley
La serata di Wembley è stata un evento nell’evento. Organizzato da
Riyadh Season, la società dei sauditi che ormai ha monopolizzato le principali sfide del mondo della boxe (li chiamano
sportwashing: il concetto ormai è ben noto a tutti), ha avuto come prologo la performance di
Liam Gallagher nel giorno del suo 52esimo compleanno (prima uscita ufficiale
dopo aver annunciato la reunion degli Oasis: tra un anno torneranno a suonare ben 4 date anche a
Wembley), attesissima quasi quanto il match.
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Che invero non ha tenuto fede alle premesse di equilibrio della vigilia:
Joshua era dato per favorito dai bookmakers, ma sul ring quasi non si è presentato. Perché ha mandato una versione di sé irriconoscibile, finendo al tappeto già alla prima ripresa dopo che timidamente aveva provato a prendere l’iniziativa. In realtà
Dubois è sempre stato padrone delle operazioni: solo la seconda ripresa è filata via liscia senza troppi problemi per
Joshua, contato una volta di più nella terza e poi nella quarta ripresa.
Dubois incontenibile: ora va per la riunificazione
Per qualcuno è già tanto non aver chiuso il match in meno di una decina di minuti, ma nella
quinta ripresa bastano 59 secondi per convincere l’arbitro che è meglio lasciar perdere, anche perché il quarto atterramento di serata è quello più netto:
Joshua prova a rialzarsi ma non riesce proprio a stare in piedi, la testa ciondola sul ring e il corpo non risponde.
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Dubois accoglie il boato di Wembley: la 22esima vittoria (21 prima del limite: il soprannome
“Dinamyte” è quanto mai appropriato) suona come un monito al resto della truppa dei massimi. E il 2025 sarà l’anno dell’assalto al trono dei massimi: se sarà
Usyk ad attenderlo (un anno fa
in Polonia vinse l’ucraino per ko. tecnico alla nona ripresa) o un redivivo
Fury è ancora presto per dirlo. Intanto i due erano a bordo ring, intenti a osservare da vicino quello che è sembrato essere in tutto e per tutto il canto del cigno di
Joshua (con loro anche
McGregor e molti altri vip). Il quale ha incassato appena il secondo ko. in carriera (con
Usyk ha sempre perso ai punti), ma pesante come nessun altro lo era mai stato prima.