Quindici mesi di attesa possono bastare: Daniil Medvedev è tornato a giocarsi una finale, e il fatto che a farne le spese sia stato Sascha Zverev nella “sua” Halle non sembra aver sorpreso quasi nessuno. Perché Medvedev è così: imprevedibile, discontinuo, divisivo, spesso però anche clamorosamente efficace. Come sull’erba tedesca, dove spreca tre match point nel dodicesimo gioco del secondo set per poi venire brutalizzato nel tiebreak, ma riprendendo il filo del discorso e chiudendo la pratica con tre quarti d’ora di ritardo. Per Zverev, un’altra incompiuta.

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