Cara Melissa, siamo tornate. Perché le turche avranno pure sete di rivalsa, ma questa Italia somiglia tanto a una caterpillar: asfalta 3-0 la Serbia nei quarti di finale del torneo olimpico, centrando la semifinale in una rassegna a cinque cerchi per la prima volta nella storia. È una rivincita che profuma d’impresa: tre anni fa a Tokyo le serbe spedirono fuori un’Italia lontanissima parente di quella ammirata nelle prime 4 gare del torneo in terra francese, dove trovare un appunto è impresa ardua a un gruppo che sta dimostrando di essere volato a Parigi per fare la storia. E in qualche modo la storia le ragazze di Velasco l’hanno già fatta: quella medaglia sempre sfuggita non è mai stata così vicina.

Altra rivincita nel mirino: con le turche sfida totale La paura iniziale: Boskovic però sbaglia tanto Italia “imperfetta”, ma per ora basta e avanza

Altra rivincita nel mirino: con le turche sfida totale

Ci toccherà però passare ancora una volta per l’incrocio con le turche, che ci fecero malissimo lo scorso anno nella semifinale dell’Europeo, il vaso di Pandora che aprì la definitiva crisi Mazzanti. Ecco, rivincita per rivincita, la storia sembrerebbe ancora una volta strizzare l’occhio a Egonu e compagne: quale miglior palcoscenico per ridare il “favore” alle turche, se non quello olimpico?

Chi si aspetta però una partita simile a quella giocata domenica mattina farebbe bene a pensare ad altro: sarà una battaglia, ma dove ancora una volta (questo si) la squadra da battere sarà quella vestita d’azzurro. Che sembra una macchina perfetta, destinata in un modo o nell’altro a mirare alla finalissima di domenica prossima (ore 13, 24 ore dopo quella dei maschi) per chiudere il cerchio e dare pieno compimento a una delle generazioni più dorate del volley italiano al femminile.

La paura iniziale: Boskovic però sbaglia tanto

La Serbia è l’ultima squadra ad aver battuto l’Italia: è successo un mese fa a Firenze, in amichevole (2-3), ma quella sera Velasco aveva preso appunti. Il quarto di Parigi non ha avuto storia perché Egonu e compagne hanno fatto il bello e il cattivo tempo: hanno faticato tanto nel primo set, quando le serbe sono uscite meglio dai blocchi e hanno toccato anche il +5 di vantaggio, complice una ricezione azzurra un po’ farfallina.

Quando però l’asticella delle difficoltà s’è alzata, puntuale l’Italia ha risposto: nonostante la solita Boskovic chirurgica, le centrali hanno preso coraggio ed Egonu ha preso per mano le altre, soprattutto sobbarcandosi responsabilità importanti. Due attacchi vincenti hanno ridotto la forbice dal 15-19 a 17-19, poi un ace di Giovannini ha fatto completamente cambiare inerzia alla partita, ritrovando la parità a quota 19 (poco prima un rarissimo errore di Boskovic). Il “doppio cambio” Cambi-Antropova costringe le balcaniche agli straordinari, e alla fine i conti tornano: un’invasione a rete vanifica il tentativo delle serbe di procurarsi una palla set, così alla terza chiude l’Italia, con Boskovic (proprio lei) che spedisce di potenza in piena rete.

Italia “imperfetta”, ma per ora basta e avanza

La Serbia non lo sa ancora, ma ha già un piede e mezzo fuori dalle olimpiadi: tre errori di fila di Uzelac spaccano in due il secondo set, favorendo la prima fuga azzurra. Quando Egonu alza i giri del motore per le serbe è notte fonda e quando soprattutto a muro l’Italia tira giù la saracinesca diventa tutto più facile. Ormai non funziona più nemmeno la solita ricetta “palla a Tijana e ci pensa lei”, perché Boskovic comincia a perdere (tanti) colpi. Un paio di muri serbi riportano la partita in bilico sul 20-17, ma ci pensa Sarah Fahr a chiudere i conti e sigillare un 2-0 che profuma di semifinale.

Perché l’Italia dimostra di avere anche margini netti di miglioramenti: tolta Egonu, in attacco non tutto funziona come dovrebbe. Ma per una sera può bastare così: le serbe pagano un ricambio generazionale fin troppo robusto, l’Italia si fa bastare quello che mette in campo. Con la Turchia giovedì alle 20 servirà ritrovare la verve di due giorni fa, ma la squadra da battere sarà ancora quella di Velasco. Che si gode una Egonu da 19 punti, senza però un secondo violino in doppia cifra (7 Danesi, 6 Fahr e Sylla, 5 Antropova). Insomma, margini ne abbiamo: sopra di noi c’è tanto cielo.