Potrebbe tranquillamente salutare tutti e godersi un po’ di meritato riposo. Si vocifera che le dimissioni di Julio Velasco siano una opzione e che nessuno sappia quanta percentuale ci sia che diventino concrete. Il pressing della Federvolley è partito affinché resti fino a scadenza naturale del contratto – il 2025 – ma è innegabile che, laddove Velasco lasciasse, l’alternativa ce l’ha di fianco da un po’. Si chiama Lorenzo Bernardi.

Ma Julio Velasco non è il tipo da mezze misure: a lui riposare interessa poco, per cui state pur certi che tra qualche mese ve lo ritroverete su una panchina o dietro una scrivania a capire come spedire il movimento italiano ancora più in alto. Perché l’oro di Parigi è servito per placare la sete di rivincita dopo le due Olimpiadi lasciate incompiute una trentina d’anni fa, ma adesso comincia un nuovo capitolo. Col ritornello più in voga del ferragosto nazional popolare: ma Julio, va via o rimane?

L’oro è l’apice a cui ambiva Sotto contratto fino al 2025 Il futuro resta aperto

L’oro è l’apice a cui ambiva

Lui, sornione come sempre, ha lasciato tutti nel limbo. “Potrei anche decidere di smettere, perché più di una Olimpiade non saprei cos’altro vincere”, s’è lasciato scappare dopo il trionfo in finale sugli USA. Il messaggio chiaro: lasciare all’apice è il sogno di tanti, anche di Velasco, che quella montagna così impervia l’ha scalata in soli 8 mesi.

Perché tanto è passato dal vorticoso e rumoroso addio dalla UYBA, assoldato alla causa della nazionale azzurra, con la Fipav che non vede di buon occhio il doppio incarico (ne sa qualcosa De Giorgi… e a quanto pare pure Andrea Giani, l’altro CT olimpico di Parigi, condottiero della Francia). Velasco sapeva di dover chiudere un cerchio: lo ha fatto nel modo migliore possibile, dominando un torneo che non ha mai visto le sue ragazze andare realmente in difficoltà, devastanti nel rifilare due 3-0 in 4 giorni alle temutissime turche e di lasciare per strada un solo set in tutta la rassegna (peraltro alla prima uscita, contro la Dominicana). Ed è forse proprio la consapevolezza di aver fatto qualcosa di irripetibile ad aver insinuato in lui il tarlo di dire basta.

Sotto contratto fino al 2025

Velasco lo scorso 9 febbraio ha compiuto 72 anni. Non sono pochi a questi livelli, forse neppure tanti. Sono però abbastanza per decidere se restare o se cambiare di nuovo mansione. Sotto la sua guida, nell’ultimo quinquennio l’attività giovanile della Fipav ha conosciuto una fioritura senza precedenti, con le nazionali giovanili azzurre capaci di conquistare titoli mondiali ed europei con una continuità devastante.

E magari è proprio lì che Julio vorrebbe tornare: un ruolo meno mediatico, più nascosto, non necessariamente però meno vincente. Certo adesso smarcarsi dalla panchina della nazionale femminile è esercizio un po’ più complicato: intanto perché il contratto firmato lo scorso novembre prevedeva una scadenza al 31 dicembre 2025, includendo dunque anche il mondiale (il primo a cadenza biennale) da disputare nelle Filippine tra poco più di un anno.

E poi perché non si capisce per quale motivo, dopo un simile trionfo, si debba porre fine a una formula che ha funzionato a meraviglia. Manfredi a precisa domanda ha detto di essere sicuro che Velasco resterà, ma che comunque accetterà un confronto per capire cosa passi nella testa del tecnico di La Plata. “Perché bisogna essere convinti in due, e noi come federazione lo siamo”, ha ribadito il presidente.

Il futuro resta aperto

Velasco per ora ha staccato il telefono, “almeno per una settimana”. Deve riposare dopo aver trascorso 4 mesi vorticosi, dove tutti i modi sono venuti al pettine e dove due trofei (VNL e soprattutto l’oro olimpico) sono finiti dritti nella bacheca di casa. Rifletterà su cosa fare: probabile che per un anno ancora andrà avanti, ma da qui a pensare di vederlo ancora in sella fino a Los Angeles 2028 ce ne passa.

In Fipav si dicono sicuri che fino al prossimo anno non cambierà nulla: l’Italia di Parigi resterà la stessa. La federazione si è data altri 12 mesi prima di dover fare i conti (inevitabilmente) con questa prospettiva. Anche se forse il nome dell’erede c’è già: è la persona che per prima Velasco è andata ad abbracciare dopo aver visto uscire l’ultimo attacco turco. Si chiama Lorenzo Bernardi, e sembra essere la pedina giusta per raccogliere un’eredità tanto pesante (e vincente).