Il nuovo ruolo di Egonu
L’epilogo della spedizione europea della pallavolo femminile è un pasticcio sportivo che fa baccano: non fosse bastato il crollo mentale nell’ultimo set della semifinale europea persa contro la Turchia, non fosse bastata la tabula rasa della finalina, quella in cui l’Olanda ci ha preso a pallate. Il nuovo ruolo ritagliato su misura da Davide Mazzanti per Egonu non poteva reggere, anzi: non ha mai retto, anche se i risultati sono riusciti a fare da velo intorno a una situazione che non stava in piedi. Poi, però, quegli stessi risultati hanno fatto saltare il banco: ci sono decisioni che per sostenerle è un casino. O si incastra tutto o viene fuori tutto. Quando l’ItalVolley ha cominciato a perdere, è venuto fuori tutto. Il fardello di un dualismo annunciato – eppure va detto: Paoletta e Kate Antopova, forse, sono state quelle più capaci di viverlo con autorevolezza e professionalità – ha finito per schiacciare Ct e Federazione.Mazzanti come De Giorgi: ma c’è un ma
La coralità prima deli personalismi, il gruppo da anteporre alle individualità: la strada tracciata da Mazzanti è stata chiara fin da principio. Ricalca in maniera fedele il medesimo approccio di Fefè De Giorgi con l’Italia maschile. Il guaio, però, è che sono situazioni completamente differenti. Il punto è che De Giorgi una Egonu non ce l’ha, Mazzanti sì. E Paoletta non è solo il volto di punta del volley femminile italiano: è uno dei simboli più efficaci della pallavolo mondiale. Sta ai livelli di Melissa Vargas, il martello cubano che ha preso in spalle la Turchia e l’ha portata a vincere l’Europeo. Egonu, pur di esserci, se l’è fatto andare bene: ha fatto panchina, ha fatto il tifo, ha fatto la brava. Ha fatto – dice lo score – la settima, ottava scelta. Mazzanti l’ha schierata col contagocce: quando serviva, quando c’era da sbrigare faccende delicate, quando bisognava risolvere problemi.La seconda vita di Paola in Azzurrro
La seconda vita in azzurro di Paola Egonu s’è chiusa, se possibile, peggio della prima. Perché un anno fa, dopo lo sfogo seguito al bronzo conquistato nei campionati mondiali, a vuotare il sacco era stata lei, al culmine di un periodo fatto di stress emotivo e pressioni provenienti da ogni parte che l’avevano logorata nella testa, prima ancora che nel fisico. Stavolta è tutto diverso: Paola non parla da mesi, ha lasciato che per lei lo facesse il campo, dove pure è stata chiamata in causa troppe poche volte per poter davvero risolvere in un battibaleno i problemi di che la nazionale femminile si trascina dietro ormai da più di un anno. E al termine di uno degli Europei più complessi, contorti e complicati della storia della pallavolo italiana, senza dar troppo nell’occhio ha deciso di farsi nuovamente da parte, aspettando tempi migliori e auspicando che da qui a breve distanza possa delinearsi all’orizzonte un futuro meno turbolento, fatto di certezze e non di precarietà.Uno dei pochi istanti in cui Paola Egonu è stata impegnata nel corso di EuroVolley: qui al servizio contro la Spagna
C’è un solco tra Mazzanti ed Egonu
La rottura di Paola Egonu era scritta (Francesca Piccinini si è complimentata con lei per aver avuto una bella pazienza ed essersi fatta trovare sempre pronta): dopo essere stata un caso razziale è diventata un caso politico; è pure finita nei pensieri di un generale dell’esercito quale esempio di chi – o chi no – possa storicamente essere emblema di italianità. Ora il caso diventa sportivo: c’è un solco tra la visione di Mazzanti e la presenza di Paoletta. Non è facile essere Paola Egonu nell’Italia del 2023. Sportivamente parlando, la sua è stata un’estate al limite della sopportazione: Mazzanti l’ha portata agli Europei, ma è sembrata più una scelta di altri (della FIPAV?) che non sua.Un rapporto logoro da tempo
Il rapporto col commissario tecnico, del resto, è logoro da tempo: dietro la decisione presa nell’ottobre dell’anno scorso dopo la finale per il bronzo mondiale contro gli USA, al netto delle critiche assurde ricevute (una su tutte le fece male: le chiesero “ma sei davvero italiana?”), Egonu volle mandare un segnale anche alla federazione, lasciando intendere che per il bene di tutti fosse giunta l’ora di cambiare. Messaggio recapitato ma non accolto, se è vero che 9 mesi dopo ci si ritrovati al punto daccapo, cioè a una convivenza forzata che non ha pagato dividendi e anzi ha finito per generare ulteriore caos. La versione “a mezzo servizio” di Paola, o come l’ha ribattezzata qualcuno il suo ruolo di “sesto uomo” (prendendo spunto dal basket, dove il “sesto uomo” è il primo in uscita dalla panchina, una sorta di titolare mascherato), ha generato confusione e non ha dato alla nazionale quelle certezze di cui aveva bisogno.Una rinuncia che sta nella logica delle cose
La rinuncia a giocare il preolimpico non ha sorpreso nessuno, e appare anche piuttosto logica. Che poi sia stata concordata o meno, questo non aggiunge nulla alla discussione. S’è detto di un confronto con toni abbastanza duri e accesi tra giocatrice e allenatore prima della finale per il bronzo con l’Olanda, ma la verità è che in questa storia si naviga un po’ a vista, prendendo un pezzo di qua e un altro di là, senza sapere cosa si celi davvero dietro la rottura tra Egonu, Mazzanti e il mondo che li circonda. Non sarà facile, da qui in avanti, nemmeno essere Mazzanti: nelle ultime 24 ore l’hastag MazzantiOut è decollato. Del resto, si diceva, questa è anche una storia di aeroporti.Concentrato, pensieroso, preoccupato? Lo sguardo di Davide Mazzanti nel match contro le francesi